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“Diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa coniugale: la Corte di Cassazione lo riconosce anche al coniuge in vita legalmente separato senza addebito dal de cuius!”

22 Dicembre 2023
Scritto da Antonella Florio

La morte del coniuge comporta tutta una serie di diritti successori a favore del coniuge superstite tra cui uno dei più importanti è sicuramente il diritto di abitazione della casa adibita al nucleo familiare: l’art. 540 c.c. stabilisce infatti al secondo comma che “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano se di proprietà del defunto o comuni”.

I diritti ereditari vengono meno al momento del divorzio, posto che con esso si perde definitivamente lo status di coniuge. Ma cosa succede con la mera separazione?

Il tema è stato trattato di recente dalla Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 22566/2023 nella quale ci si è chiesti se i diritti successori riconosciuti al coniuge dal sopra menzionato articolo 540, comma 2, c.c. possano sorgere anche a favore del coniuge superstite già legalmente separato dal defunto – precisazione importante in quanto implica la necessità di una sentenza passata in giudicato posto che il solo provvedimento presidenziale non attribuisce la qualità di coniugi separati producendo solo l’effetto di anticipare lo scioglimento della comunione legale –.

La questione è sempre stata molto dibattuta in quanto i dubbi sorgono in considerazione del fatto che il codice civile all’art. 548 parifica dal punto di vista dei diritti successori la posizione del coniuge separato senza addebito a quella del coniuge non separato riconoscendo ad entrambi gli stessi diritti.

Alcuni interpreti hanno posto l’attenzione sul dato oggettivo evidenziando come la separazione legale debba necessariamente implicare il venir meno del presupposto per la nascita dei diritti di abitazione e di uso in quanto, a seguito della separazione medesima, non sarebbe possibile individuare una “casa adibita a residenza familiare”: questa è la posizione anni addietro assunta anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. civile n. 13407/2014; Cass. civile n. 15277/2019) in virtù della quale “per casa familiare dovrebbe intendersi unicamente la casa di residenza comune al momento dell’apertura della successione”.

Secondo una diversa opinione, oggetto dei diritti di abitazione e di uso dovrebbe invece essere sempre l’ultima casa che fu di residenza comune in un tempo precedente all’apertura della successione ed i mobili che la corredavano.

Ancora una diversa tesi preferisce infine identificare come casa di residenza familiare quella che fu comune ed in cui il coniuge separato sopravvissuto si trovi ancora al momento della apertura della successione o perché rimastovi di fatto in conseguenza di un accordo con l’altro coniuge o per disposizione del Giudice: in base a questa opinione dunque il presupposto per la concreta attribuzione del diritto di abitazione mancherebbe solo nelle ipotesi in cui all’apertura della successione il coniuge supersite non vivesse più nella casa familiare comune.

E’ ovvio che allo stato attuale sarebbe indispensabile un chiarimento legislativo sul punto, ciò posto però la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22566/2023 in commento ritiene opportuno accogliere la tesi secondo la quale “l’adibizione della casa a residenza familiare non deve essere necessariamente in atto nel momento di apertura della successione, e pertanto non viene meno per il solo fatto della separazione legale. La norma, infatti, non annovera fra i presupposti per l’attribuzione dei diritti la convivenza fra coniugi e, d’altra parte, la lettera dell’art. 548 c.c. è chiara nel parificare i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato”.

In sostanza, in base a questa interpretazione fatta propria dalla Suprema Corte, i presupposti per la nascita del diritto di abitazione mancherebbero solo nel caso in cui dopo la separazione la casa fosse stata abbandonata da entrambi i coniugi o avesse comunque perduto ogni collegamento con l’originaria destinazione familiare, mentre i presupposti continuerebbero a sussistere anche quando la successione si sia aperta in favore di quello che se ne fosse allontanato a seguito di separazione lasciando a viverci l’altro coniuge successivamente defunto.

Trattasi di un provvedimento sicuramente molto discusso e discutibile, ciò non toglie però che in determinati contesti economici disagiati può comunque tornare in concreto molto utile consentendo appunto al coniuge separato senza addebito – ricorrendo le circostanze sopra descritte – di poter godere del diritto di tornare ad abitare nella vecchia casa familiare.

Avv. Antonella Florio, foro di Milano

www.avvocatoantonellaflorio.it