“Fondo patrimoniale e opponibilità ai crediti tributari: la posizione della Corte di Cassazione e l’ordinanza n. 5834/2023”
In linea di massima nel momento in cui viene contratto un debito il debitore deve (o almeno dovrebbe!) essere consapevole del fatto che ai sensi dell’art. 2740 del codice civile “il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.
La garanzia che il nostro ordinamento giuridico accorda ai creditori è,pertanto, molto forte, ma allo stesso tempo il legislatore ha previsto delle eccezioni – da rispettarsi pedissequamente – le quali corroborate dal ricorrere di determinati requisiti e circostanze vanno a limitare la predetta garanzia: il secondo comma dell’art. 2740 sopra menzionato stabilisce infatti che “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.
Una di queste eccezioni è proprio il cosiddetto “fondo patrimoniale”,che può essere costituito per atto pubblico inter vivos o per testamento (art. 167 c.c.),
Di cosa si tratta? Il fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. è sostanzialmente una sorta di patrimonio separato dal patrimonio personale che può essere costituito da ciascuno o da entrambi i coniugi facendovi confluire beni mobili, beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri e/o titoli di credito al fine di far fronte esclusivamente ai bisogni della famiglia.Quindi si tratta di un complesso di beni destinato a far fronte ai bisogni della famiglia, ed i coniugi costituiscono su determinati beni un vincolo di destinazione volto al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
In termini di aggredibilità dei beni confluiti nel fondo patrimoniale assume particolare importanza il successivo art. 170 c.c. il quale rafforza ulteriormente la protezione del medesimo sancendo che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.
Pertanto, spetta al creditore decidere se utilizzare lo strumento dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., onde evitare possibili opposizioni da parte del debitore, oppure se agire direttamente in via esecutiva esponendosi ad una quasi certa opposizione. In ordine all’onere probatorio, la prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. grava sul debitore in opposizione che vuol far valere il regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Fatta questa breve premessa occorre capire qual è la giusta interpretazione da attribuire ai cosiddetti “bisogni della famiglia” e in particolare capire nel caso concreto specifico se le obbligazioni tributarie contratte dai coniugi possano o meno considerarsi estranei ai predetti bisogni familiari, posto che tale discrimine diviene fondamentale per capire sei i beni confluiti nel fondo sono aggredibili oppure no dall’Erario.
Nel corso del tempo la Corte di Cassazione ha assunto diverse posizioni: in un primo momento si ritenne che il divieto di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale dovesse essere considerato sempre opponibile al Fisco sulla base dell’assunto per cui i debiti tributari – essendo debiti cui tutti sono tenti ex art. 53 della Costituzione per concorre alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva – non sono mai debiti da considerarsi contratti per soddisfare i bisogni del nucleo familiare.
Successivamente vi furono però altre pronunce che, sostenendo praticamente la tesi opposta, considerarono il fondo patrimoniale inopponibile alle azioni esecutive dell’Erario in quanto i debiti tributari devono necessariamente ritenersi inerenti ai bisogni della famiglia.
Nel 2009 con la sentenza n. 15862 i Giudici di legittimità sono arrivati a comporre la diatriba sopra illustrata adottando una soluzione mediana: in tale sentenza si legge infatti che “il principio per cui il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia (Cass. 8991/03, 12998/06)”.
In sostanza, sostiene la Corte di Cassazione, il vincolo di cui all’art. 170 c.c. sopra menzionato può essere opposto ai creditori tributari solo ed esclusivamente se il fatto generatore del tributo non è collegato o collegabile ai bisogni della famiglia esulando dagli stessi, posizione ripresa nelle successive sentenze della Suprema Corte e da ultimo nell’ordinanza n. 5834/2023 la quale conferma e ribadisce il medesimo principio.
E’ per quanto riguarda l’onere della prova? Chi deve dimostrare i presupposti inerenti l’impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale?
Il predetto onere grava in capo al debitore opponente che intende avvalersene, il quale deve dimostrare sia la regolare costituzione del fondo patrimoniale che la sua opponibilità al creditore procedente in concomitanza con la circostanza del debito contratto per scopi estranei alle necessità familiari, il tutto “avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi non era quello di soddisfare i bisogni della famiglia (Cass. 20998/18 conf. 1318/22; v. anche Cass. n. 22761/2016; Cass. n. 23876/2015)” (Cfr. Corte di Cassazione, Ordinanza n. 5834/2023).
Nello specifico non si può ritenere aprioristicamente che i debiti tributari siano, per loro natura estranei o, al contrario, inerenti al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Infattti la Corte di Cassazione,sostiene che “il carattere familiare dei bisogni da soddisfare col fondo, non va determinato guardando alla natura dell’obbligazione, ma alla relazione esistente tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia (c.d. criterio identificativo)”.
Nel concetto di “bisogni della famiglia” rientrano non solo le necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia, ma anche quanto è “necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare e al suo miglioramento del benessere anche economico”
Da ciò discende che, in via generale, ad esempio l’iscrizione ipotecaria ex articolo 77, D.P.R. 602/1973, è ammissibile sui beni rientranti in un fondo patrimoniale, anche per le obbligazioni tributarie, ove strumentali ai “bisogni della famiglia” oppure se il creditore non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia.
Con la recente ordinanza n. 5834/2023, la Corte di Cassazione ( in materia tributaria) ha ribadito expressis verbis che “il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura dell’obbligazione, ma nella relazione che esiste tra il fatto generatore di essa e i “bisogni della famiglia”. Quindi qualora sorga una controversia sulla assoggettabilità dei beni ad esecuzione forzata, si deve accertare fattualmente se il debito si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia (e se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni) e in particolare, nel caso si tratti di obbligazioni tributarie gravanti sui redditi, se il reddito in questione è destinato alla soddisfazione dei bisogni familiari.
Va precisato che anche nel caso di esercizio di impresa, l’assoggettabilità dei beni alla esecuzione non può ritenersi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, ed è altresì vero che questa circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, che il debito sia stato contratto per soddisfare i detti bisogni.
La varie interpretazioni, che si sono susseguite in materia, denotano tutte le insidie esistenti circa l’applicazione del disposto dell’articolo 170, cod. civ. al debito di natura erariale, ed in particolare, relativamente all’opponibilità del fondo patrimoniale all’Amministrazione finanziaria.
La cennata ordinanza n. 5834/2023, parrebbe optare per la riconduzione dei debiti tributari tra le obbligazioni assunte per soddisfare le necessità familiari, utilizzando il criterio della relazione “caso per caso” esistente tra il presupposto dell’obbligazione tributaria (cioè l’evento che genera il debito fiscale) ed i bisogni della famiglia.
Non è facile il lavoro che viene posto sulle spalle del giudice di merito, volto all’accertamento delle specifiche circostanze del caso concreto.
Ciò perchè il creditore è l’Erario, che non ha alcun rapporto personale con il contribuente debitore, non conosce la sua situazione familiare e personale fatta eccezione per ciò che risulta dagli atti fiscalmente rilevanti.
Dovrà, quindi, fare affidamento su delle presunzioni semplici basate sui fatti oggettivamente rilevanti, ai fini dell’inquadramento nella disciplina del regime patrimoniale della famiglia. E da questo iter logico deduttivo dovrà trarre le conclusioni possibili e più vicine alla realtà fattuale. Peraltro, non è possibile individuare una categoria di bisogni della famiglia che sia “oggettiva” e valida per tutti, in quanto occorre considerare anche tutti quelli ritenuti tali in maniera soggettiva dai coniugi, in relazione all’indirizzo della vita familiare ed al tenore scelto, in base alle possibilità economiche familiari.
Avv. Fabio Marinelli, foro di Napoli.