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Coniuge infedele? Anche il tradimento virtuale può essere motivo di addebito della separazione… e non solo!

1 Febbraio 2023
Scritto da Antonella Florio

Il matrimonio è sicuramente il coronamento del sogno d’amore di ogni coppia, il giorno più bello e magico nel quale ci si scambia promesse di vita convinti che rimarranno tali per sempre “finchè morte non ci separi”.

Ovviamente, come ben noto, non è solo un giorno di gioia e di festa ma un momento importante della propria vita in quanto dal matrimonio nascono diversi diritti e doveri fra marito e moglie disciplinati essenzialmente dai commi 2° e 3° dell’art. 143 c.c.: alcuni di essi hanno natura esclusivamente o prevalentemente personale (si pensi agli obblighi di fedeltà e di coabitazione), altri hanno una connotazione più marcatamente patrimoniale (si pensi all’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia) e altri sono connotati da aspetti sia patrimoniali che non patrimoniali (si pensi all’obbligo di collaborare nell’interesse della famiglia e all’obbligo di assistenza che per legge deve essere sia morale che materiale).

Purtroppo però tante volte il sogno svanisce e a separare non è il passaggio a miglior vita bensì un Giudice, al quale si può ricorrere consensualmente qualora la volontà di separarsi sia comune ad entrambi i coniugi e vi sia dunque già un accordo o in alternativa – ed in assenza di accordi su questioni fondamentali quali quelle relative all’affidamento dei figli e agli aspetti economici – con domanda giudiziale azionata da un coniuge.

In fase di separazione giudiziale l’art. 151 c.c. prevede al comma 2° la possibilità per il Giudice di dichiarare a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del comportamento contrario ai doveri derivanti dal matrimonio: in particolare non è sufficiente ai fini dell’addebito il verificarsi di una situazione intollerabile, bensì è necessario che tale situazione intollerabile derivi dalla violazione consapevole da parte di uno dei coniugi dei doveri nascenti dal matrimonio. Non è dunque necessario uno specifico intento lesivo in quanto è sufficiente la consapevolezza della violazione perpetrata.

Nel valutare l’addebitabilità o meno della separazione il Giudice dovrà inoltre tener conto anche dell’efficienza causale del comportamento oggetto di giudizio, ovvero dovrà valutare se una determinata violazione di obblighi coniugali sia a sua volta l’effetto di una situazione matrimoniale già compromessa e degenerata oppure sia la causa effettiva della rottura, posto che solo in tale ultimo caso vi potrà essere una pronuncia di addebito della separazione.

Infine l’addebito in questione ha importanti risvolti di ordine patrimoniale: il coniuge al quale sia addebitata la separazione perde infatti il diritto all’assegno di mantenimento nonché ogni diritto successorio (artt. 548 comma 1° c.c. e 585 comma 1° c.c.), fatto salvo il diritto agli alimenti qualora sia privo di mezzi di sostentamento: in tal caso avrà anche diritto ad un assegno vitalizio gravante sull’eredità se al momento della morte del de cuius percepiva gli alimenti. Nessuna conseguenza deriva invece per quanto concerne l’affidamento della prole.

Ciò premesso in linea di inquadramento generale – ed entrando nel merito dell’argomento trattato nel presente articolo – va evidenziato che il tradimento rappresenta ormai una delle principali cause di addebito della separazione nella società odierna.

Secondo la prevalente giurisprudenza l’adulterio, ai fini dell’addebito suddetto, deve porsi anch’esso quale causa della rottura del rapporto coniugale e non innestarsi su di una situazione pregressa di crisi: l’infedeltà può infatti essere causa di addebito della separazione solo quando risulti accertato che ad essa sia riconducibile la crisi dell’unione, mentre il medesimo comportamento se successivo al verificarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza non è di per sé rilevante e dunque non può giustificare una pronuncia di addebito.

E’ importante a questo punto evidenziare come il concetto di fedeltà abbia subito una evoluzione importante nel corso del tempo, tanto che dottrina e giurisprudenza tendono a darne allo stato attuale una nozione più lata ed estesa: essa infatti non solo non è più strettamente limitata alla sola sfera sessuale, ma tende addirittura a coincidere con il più ampio concetto di “lealtà” con cui un coniuge è tenuto ad approcciarsi nei confronti dell’altro e in generale con la famiglia nel suo complesso, dovendosi pertanto intendere per “lealtà” anche il sacrificio di interessi e di scelte individuali che si rivelino – o possano rivelarsi – in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune.

Seguendo questa linea interpretativa e soprattutto alla luce del contesto attuale ove i social network dominano la vita quotidiana di tutti noi, viene dunque spontaneo chiedersi se le relazioni extraconiugali virtuali possano o meno configurare una violazione dell’obbligo di fedeltà e di conseguenza fondare o meno una richiesta di addebito della separazione.

A tale quesito ha risposto affermativamente la Corte di Cassazione con diverse pronunce: infatti con la sentenza n. 8750/2022 la Suprema Corte di legittimità, nel respingere il ricorso del ricorrente che nel caso concreto sosteneva la rilevanza delle sole relazioni affettive reali escludendo quelle virtuali, ha ribadito e confermato l’infondatezza delle predette argomentazioni dovendosi richiamare sul punto la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c., quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge (Cass., 19 settembre 2017, n. 21657)”.

Viene quindi dato rilevo e soprattutto la doverosa importanza al concetto di “rispetto della dignità e dell’onore dell’altro coniuge”, tanto che va altresì evidenziato come la Corte di Cassazione sia andata addirittura oltre ritenendo ormai da tempo che in alcuni casi particolarmente gravi – ovvero qualora la violazione dei doveri coniugali (e dunque anche del dovere di fedeltà) comporti la lesione di diritti costituzionalmente protetti quali appunto l’onore e la reputazione del partner – si possa configurare anche un illecito civile con conseguente diritto di richiedere non solo l’addebito della separazione (ricorrendone i presupposti sopra analizzati), ma anche un risarcimento dei danni non patrimoniale subiti e subendi a causa delle condotte tenute dal coniuge.

Con la sentenza n. 6598/2019 la Corte di legittimità ha infatti sancito che “la natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale.

Cari lettori, prestate dunque molta attenzione alle “tentazioni” provenienti non solo dalla vita reale ma anche dal web…poiché potrebbero costarvi molto caro sia affettivamente che economicamente!

Avv. Antonella Florio, Diritto di famiglia, Milano